Da anni, il sistema carcerario è uno dei punti più delicati e discussi all’interno dell’Unione Europea.
A prescindere dal discorso meramente economico, quando si affronta la questione “carceri” è difficile non imbattersi in contrasti etici, morali, sociologici o religiosi.
L’opinione che prevede la punizione vista come privazione totale della libertà è, al momento, quella che va per la maggiore, spinta molto probabilmente dal sentimento più che dalla ragione – la così detta reazione di pancia.
D’altro canto, non si può biasimare il desiderio di una persona vittima di un grave torto di vedere il proprio carnefice patire che le pene che lui stesso ha inflitto – nonostante ciò, alla fine, non restituirebbe in alcun modo la vita di prima.
Dal punto di vista meno coinvolto e meno emotivo, invece, vi è un ragionamento totalmente differente: il “Carcere” come percorso di reintroduzione alla civiltà, come impegno socialmente utile, come collaborazione alla vita quotidiana. Una vita non più libera, ma simile a quella di tutti gli altri.
In Finlandia, uno degli Stati più all’avanguardia dell’Unione Europea, inizia già a prender forma una nuova concezione di sistema carcerario, che assomiglia molto a quello di un Paese europeo al di fuori dell’Unione, la Norvegia.
Sull’isola di Suomenlinna, a Helsinki, vi è un carcere a cielo aperto: i detenuti non vivono una prigionia intesa come una cella o come un completo allontanamento dell’individuo dalla città e dalla vita normale, bensì creano su quest’isola una nuova civiltà – lavorano, pagano le tasse e vivono in modo normale, non possono allontanarsi dall’isola ovviamente, ma la loro libertà è molto meno limitata rispetto alla vita in cella.
La filosofia adottata dalla Finlandia è quella di insegnare al detenuto a reinserirsi nella civiltà e di farlo in maniera utile al resto della società, contribuendo al pagamento delle tasse e al lavoro.
Dal punto di vista economico, questo metodo carcerario è nettamente più conveniente delle tradizionali carceri: oltre al contributo economico proveniente dai detenuti stessi, risulta essere minore anche il costo del mantenimento di tale carcere, come sostiene Sinikka Saarela, la direttrice: È più economico perché impieghiamo meno personale nelle carceri aperte, i carcerati sono molto attivi: puliscono le stanze, cucinano... Quindi non abbiamo bisogno di tanto personale, e anche perché c'è un monitoraggio elettronico per ogni carcerato, solo cinque guardie di turno.
Quest’isola ricorda molto il carcere di Halden, in Norvegia, classificato come carcere più umano del mondo, in cui i detenuti conducono una vita relativamente normale, fatta eccezione per la loro limitata libertà di movimento.
Inevitabilmente, il discorso sul sistema carcerario troverà sempre forte contrasto e trovare un punto d’incontro tra le diverse ideologie sarà molto difficile.
Tuttavia, è notevole come un Paese cerchi di adottare un sistema che, anche se non sarà in grado di mettere tutti d’accordo, potrà per lo meno essere utile sia per il detenuto che per la società.