Da poco più di un mese, la Riserva “Po Grande” è uno dei 55 siti italiani patrimonio MAB (Man and Biosphere) dell’UNESCO - L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura.
Nei giorni scorsi, a Piacenza, ha avuto luogo la prima assemblea plenaria dei sindaci degli 83 comuni rivieraschi coinvolti per il convegno “La riserva MAB UNESCO Po Grande: un’opportunità da cogliere”, volto a individuare strategie e a progettare il futuro della riserva integrando il capitale naturale con la valenza economica, turistica, storico-culturale del territorio in una prospettiva di sviluppo sostenibile.
A partecipare al convegno è stata anche l’Università di Parma, che ha avuto un ruolo fortemente attivo nella promozione della Riserva e che ha dato il via alla candidatura di essa come patrimonio UNESCO a partire dal 2015.
Nel corso della giornata è stata tra l’altro annunciata l’attivazione di quattro tavoli tematici. Il primo, che si occuperà di biodiversità, obiettivi UNESCO 2030, sostenibilità, economia circolare, avrà come referenti l’Università di Parma e Legambiente.
“La riserva MAB-UNESCO non imporrà nuovi e ulteriori vincoli - spiega Pierluigi Viaroli, docente di Ecologia al Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale presso l’Università di Parma - ma potrà offrire opportunità di sviluppo per le comunità locali. In questo processo, la natura è il primo marchio di qualità di un territorio e dei suoi prodotti, tanto più se questo ha una vocazione agro-alimentare così spiccata come quelli della riserva”, nel progetto saranno coinvolti anche gli altri Atenei del territorio della riserva (le Università di Pavia e di Modena e Reggio, il Politecnico di Milano con le sedi di Piacenza, Cremona e Mantova, l’Università Cattolica del Sacro Cuore con i campus di Piacenza e Cremona). “Tutta questa grande area – ha continuato - è la spina dorsale di un sistema produttivo tra i primi in Europa, ma non solo: è natura, enogastronomia, arte, cultura. E la riserva è una grande opportunità di sviluppo in tutti questi settori. Ora la sfida è tutelare e, dove necessario, riparare e ricostruire il paesaggio fluviale, migliorando la diversità e la qualità dei territori”.