Nell’officina di Hankamp Gears, produttore di macchinari olandese, i lavoratori rimuovono attrezzature ingombranti dal pallet, sollevano il materiale sopra le proprie spalle e vi fissano le viti. È proprio in questo momento che un paio di mani robotiche aiutano a svolgere il lavoro pesante consentendo agli operai di concentrarsi esclusivamente sul lavoro di precisione. Sono le mani dei cobot o “robot collaborativi”, sviluppati dal progetto a finanziamento europeo Sophia con l’obiettivo di creare una generazione di sistemi uomo-robot per migliorare le condizioni lavorative nel settore manifatturiero e aumentare la produzione.
A chiunque si trovasse in dubbio di fronte a questo tipo di tecnologia che sembra voler derubare i poveri lavoratori dei propri impieghi, il dottor Arash Ajoudani, direttore del laboratorio Interfacce e interazioni uomo-robot presso l'Istituto italiano di tecnologia di Genova e capo di Sophia risponde così: “Il problema non sono i robot che prendono posti di lavoro. Il problema è trovare abbastanza persone per svolgere lavori poco qualificati”.
La conclusione dei ricercatori del progetto è che l'automazione nel settore manifatturiero rappresenta una grande opportunità per le aziende e i lavoratori perché, con l’aiuto dei cobot, i lavoratori vengono liberati da pesanti compiti manuali in favore di compiti più qualificati, diventando più preziosi per i datori di lavoro. Infatti, i ricercatori hanno montato dei sensori sui cobot che – in combinazione con l’apprendimento automatico per elaborare i dati – misurano i movimenti dei lavoratori per valutare se è necessario modificare le attività o ridistribuire i carichi per adattarli alle persone, senza che loro nemmeno se ne accorgano.
Per essere più chiari, si tratta di prendere coscienza del fatto che il mondo del lavoro è in costante evoluzione e che molti posti di lavoro scompariranno gradualmente per lasciare posto ai nuovi, come dice Ajoudani: “Forse tra 100 anni un lavoratore non avrà più bisogno di essere in grado di sollevare e spostare una scatola, ma basterà saper programmare un robot per farlo."
Sophia fa parte di una serie di progetti finanziati dall’UE, integrati sotto l’idea di “Industria 5.0” che pone al centro della produzione verde e digitale il lavoratore e il suo benessere mentale sul posto di lavoro del futuro. Attraverso Mindbot, progetto di ricerca separato, si è esaminato se i cobot potessero rendere i lavoratori più felici, basandosi sul concetto psicologico di flusso, in cui le persone si sentono motivate e concentrate quando il loro livello di abilità corrisponde al compito da svolgere. Insomma, per Mindbot è di importanza fondamentale adattare il lavoro alla persona e non il contrario ed è proprio per questo motivo che si sta esplorando come integrare meglio grazie ai cobot le persone autistiche nella forza lavoro.