Secondo l’indagine - effettuata dalla Commissione europea e le autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 22 Stati membri, Norvegia e Islanda e pubblicata il 14 febbraio – è emerso che il 97% degli influencer pubblica contenuti commerciali, ma soltanto 1 su 5 indica sistematicamente che si tratta di un contenuto pubblicitario, aggirando le chiare istruzioni per il rispetto dei diritti dei consumatori, resi noti proprio dal 2023 sull’Influencer Legal Hub.
Questo 17 febbraio la legge sui servizi digitali, già valida per le grandi piattaforme online, entrerà in vigore in tutta l’UE per tutte le piattaforme online, con l’obiettivo di armonizzare gli obblighi per tutto il territorio, rafforzando la sicurezza e l’affidabilità dello spazio condiviso in rete. Per questo, la Commissione non si è fatta trovare impreparata e ha già analizzato attentamente i profili degli influemcer per un controllo realistico del rispetto delle nuove norme.
In questo particolare frangente è stata la direzione generale belga a prendersi l’incarico della progettazione dell’ispezione economica, grazie anche alla sua solida esperienza nel campo dell’influence marketing. Dall’analisi dei 576 profili di influencer sulle principali piattaforme di social media, si evince non solo la problematica legata al nascosto assetto pubblicitario, ma anche la promozione di attività malsane o pericolose, come cibo spazzatura, bevande alcoliche, trattamenti medici o estetici, gioco d'azzardo o servizi finanziari come il trading di criptovalute, da parte di 119 influencer.
I risultati dello screening:
- Il 97% ha pubblicato post con contenuti commerciali, ma solo il 20% li ha sistematicamente dichiarati pubblicitari;
- Il 78% degli influencer verificati esercitava un'attività commerciale; tuttavia solo il 36% risultava registrato come commerciante a livello nazionale;
- Il 30% non ha fornito dettagli aziendali nei propri post, come indirizzo e-mail, nome dell'azienda, indirizzo postale o numero di registrazione;
- Il 38% di loro non ha utilizzato le etichette della piattaforma che servono a divulgare contenuti commerciali, come il commutatore “partnership a pagamento” su Instagram, al contrario, questi influencer hanno optato per diciture diverse, come “collaborazione” (16%), “partnership” (15%) o generica grazie al brand partner (11%,);
- Il 44% degli influencer aveva un proprio sito web, da cui la maggioranza era in grado di vendere direttamente.
Come risultato dell’indagine, 358 influencer sono stati destinati a ulteriori indagini. Le autorità nazionali li contatteranno per chiedere loro di seguire le regole in vigore, adottando, se necessario, ulteriori misure coercitive, in conformità con le procedure nazionali o in caso di violazione delle norme passando alle eventuali azioni esecutive.
Le pratiche di marketing problematiche illustrano l’importanza di disporre di una legislazione moderna e solida, adeguata a garantire l’equità digitale per i consumatori online. Questo è il motivo per cui i risultati dello screening confluiranno anche nel Digital Fairness Fitness Check on EU Consumer Law, per valutare i problemi che i consumatori devono affrontare nei mercati digitali e determinare se la normativa UE applicabile è sufficiente a garantire un elevato livello di protezione dei consumatori o se sarebbero necessarie modifiche mirate.